GLI INDIANI DELLA VIRGINIA (parte prima) : documentazione per il mio romanzo Cuore indiano.
Giacomo I
Stuart, a trentasette anni , si proclama nel 1604, quale re di Scozia ed
erede dei Tudor, re di Gran Bretagna e decide di supportare con il peso
dell’azione di governo l’esplorazione e la colonizzazione dell’America,un’opera
sino a quel momento lasciata nelle mani di imprenditori privati.
Una soluzione per la sovrappopolazione del
regno(quattro milioni di abitanti) e la definitiva conversione dei pagani
indigeni alla fede anglicana erano le spinte ulteriori che caratterizzavano
l’azione intrapresa dal sovrano.
Il charter
garantito alla Virginia Company s’inquadrava in quell’ottica. Il territorio
della Virginia del nord sarebbe poi diventato il New England mentre la terra
dei Powhatan era entrata nel mirino di alcuni influenti londinesi come Sir
Thomas Smythe, uno dei più astuti e capaci uomini d’affari di quei tempi, Sir
George Somers, un esperto navigatore, e Richard Hakluyt, geografo di fama.
Re Giacomo si era messo subito all’opera per
definire gli scopi precisi dell’azione coloniale in Virginia. In sostanza, le
più importanti riguardavano la scelta del sito per l’insediamento principale e
la sua fortificazione, il trattamento da riservare agli indiani, l’accurata
esplorazione dei fiumi e delle terre della regione in vista della scoperta di
una via verso il Mare Indiano, la ricerca di risorse e metalli preziosi e, last but not least, l’indagine relativa
alle misteriose vicende della colonia di Roanoke.
Presidente era stato nominato Wingfield, insieme a
Gosnold, Ratcliffe, Martin e Kendall.
I coloni inglesi di Jamestown ci hanno lasciato
descrizioni assai lacunose, almeno da un punto di vista etnografico moderno, a
proposito del gruppo di indiani di ceppo linguistico algonchino che abitavano
la Virginia al tempo del loro sbarco nel 1607, tribù indiane che abbiamo
imparato a chiamare collettivamente “Powhatan”.
I Powhatan occupavano stabilmente una regione che
possiamo quasi interamente sovrapporre alla regione costiera della Virginia
attuale. Si estendeva per circa centocinquanta chilometri da est a ovest,
includendo entrambe le rive della Chesapeake Bay e, grosso modo, per la stessa
distanza in direzione nord-sud.
La patria dei Powhatan propriamente detti si
collocava sulla pianura costiera che digrada dolcemente verso est in direzione
dell’Atlantico. Una pianura irrigata da molti corsi d’acqua e contesa dalle
acque dell’oceano. Tuttavia, a causa del fatto che la linea costiera si abbassa
sotto il livello del mare, i corsi d’acqua si trasformano gradualmente e
inesorabilmente in estuari, diventando prima salmastri e poi decisamente
salati. Questo elemento costituiva un dato essenziale e, soprattutto nei primi
anni della colonizzazione britannica, avrebbe avuto, un peso notevole nel
ridurre le chance di sopravvivenza della colonia europea.
A differenza dei popoli europei, i Powhatan non
consideravano i fiumi come elementi utili a definire un confine. Al contrario
le più importanti vie d’acqua erano centri distrettuali, inesauribili fonti di
approvvigionamento ( pesce, molluschi, uccelli marini, canne palustri e piccola
selvaggina), canali insostituibili per lo scambio di merci e informazioni, e se
le condizioni lo permettevano, vale a dire se il fiume era abbastanza stretto,
i maggiori centri d’insediamento venivano costruiti da una parte e dall’altra
del fiume come Werowocomoco, la capitale del regno powhatan.
Di solito, i villaggi venivano organizzati vicino
alle sponde ma in una posizione in grado di dominare lo specchio d’acqua, in
modo tale da sorvegliare il traffico e non essere colti di sorpresa in caso di
attacchi. Dato il sistema a insediamento sparso, un villaggio di media
grandezza poteva estendersi lungo un tratto costiero di circa un chilometro e
mezzo.
Il fatto che la porzione orientale della Virginia
fosse, ieri come oggi, ampiamente navigabile venne sfruttato a dovere dai
Powhatan prima e dagli inglesi poi. Il
clima di quella regione era particolarmente mite. L’inverno non durava mai
oltre i tre mesi, spesso molto meno, bacche, frutti, noci e nocciole erano
disponibili almeno sette mesi l’anno. Molto fitti erano i boschi di piante
decidue, noci, castagni, faggi, inframmezzate da pini e cedri mentre un’ampia
varietà di cespugli da bacche cresceva nel sottobosco insieme a piante da frutto
locali. Tutto ciò, in aggiunta al nutrimento disponibile tutto l’anno grazie al
mare, era in grado di nutrire una selvaggina che andava dai procioni agli
opossum, dai topi muschiati ai castori ai tacchini salendo di taglia e di
aggressività sino agli orsi bruni. Il cervo della Virginia veniva cacciato
individualmente tutto l’anno e dalle tribù riunite verso la fine dell’autunno
per riempire i magazzini in vista della stagione invernale.
I Powhatan erano comunque un popolo contadino. Tutto
il lavoro di coltivazione veniva fatto dalle donne con l’assistenza dei ragazzi
più giovani. Dal canto loro, gli uomini della tribù erano assai impegnati nelle
pratiche quotidiane di caccia e pesca. I campi agricoli indiani erano assai
diversi da quelli in uso nel Vecchio Mondo. Erano più piccoli, in mancanza di
animali da tiro non veniva adottata nessuna pratica di aratura e gli
appezzamenti venivano riscattati dalle foreste abbattendo e bruciando alberi e piante. Il seme veniva affidato alla
terra con l’ausilio di un bastone che permetteva solo uno scavo superficiale,
tuttavia i raccolti, soprattutto mais, fagioli e squash, crescevano rigogliosi
e nutrienti.
Le abitazioni e i templi vennero costruiti in legno,
come le palizzate che proteggevano gli insediamenti dai predatori, umani o
animali. Canoe, archi, frecce, arpioni ecc, venivano costruiti con questo
materiale, resistente e duttilissimo. Gli utensili europei diventarono subito
una merce di scambio molto preziosa. La bramosia delle armi da fuoco venne solo
in seguito.
Fonte di documentazione : "Pocahontas. La donna che cambiò il destino." G.Peroncini, Edimar Editrice.https://www.amazon.it/Cuore-indiano-Monica-Maratta/dp/8899972451/ref=sr_1_2?ie=UTF8&qid=1494311426&sr=8-2&keywords=monica+maratta
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