RECENSIONE "La chiave di Migdaar" di Maddalena Cafaro, Delos Digital, a cura di Monica Maratta per il blog "Les fleurs du mal". Introduzione di Alessandra Micheli.
Introduzione. a cura di Micheli Alessandra
Uno dei temi della letteratura fantasy è
sicuramente rintracciabile nel fertile calderone del mito. Che siamo
antichi poemi epici di stampo ellenico ( vedere Percy Jackson) o una
sperimentazione caleidoscopica di miti presi a prestito da diverse
civiltà ( come Harry Potter) o caratteristiche rivisitazioni celtiche (
posso citare il testo di Claudio Massimo Aaron e gli dei ribelli) queste
antiche prose stuzzicano e seducono il nostro intelletto proprio perché
parlano al retaggio atavico che nei secoli abbiamo perso, quello che
partì dai nostri progenitori come tentativo di razionalizzare il mondo e
il legame tra noi e quell’assoluto che tuttora ci sfugge.
La scelta di Maddalena Cafaro è
coraggiosa e innovativa poiché pochi si sono abbeverati dalla tradizione
nordica, preferendo quella celtica più vicina a noi, in quanto
sincretizzata con la nuova religione cristiana. Cosi Dagda diventa il
dio supremo elargitore di doti, la maledizione o il malocchio trae
origine dai Geis celtici. La Bona Dea viene riversata nelle figure di
Maria e della Maddalena e così via, fino a arrivare alle festività
pagane trasformate in celebrazioni religiose o ai tanti Santi che hanno
sostituito i nomi delle antiche divinità ( basti pensare a Santa Brigida
per esempio o a San Rocco ma anche all’antagonista Shaitan di caldea
memoria, che deve la sua origine al mite e simpatico Cerunnos). tutto
questo se da un lato è avviso ai puristi del cosiddetto paganesimo, è
d’altronde conside4rato dagli etnologi il modo migliore perché, le
tradizioni, sopravvivano ai tempi, ai sconvolgimenti politici e
climatici, ai cambi di contesto, rei di seppellire il vecchio in favore
del nuovo. Assistendo all’evento del sincretismo, invece, si riesce a
coniugare tradizione e innovazione creando qualcosa che sta nella
fertile terra del mezzo, inneggiando quei colori neutri tanto declassati
oggi, in una società dicotomica.
Perché questo poco interesse per la mitologia norrena?
Pur rappresentando una diretta parente di
quella celtica, con cui condivide una sostanziale origine, la norrena
appare quasi più tenebrosa, più difficile da digerire per menti come le
nostre, statiche e poco avvezze alla filosofia. il suo concetto di sogno
come atto creativo, la sua apocalisse in cui non esiste né buono né
cattivo ma una sorta di caos rigeneratore, e persino le sue divinità
cosi fragili e cosi umane, sono difficili da metabolizzare e
comprendere. Poche menti sono in grado di entrare in comunicazione con
il concetto di Yggsdril o comunicare con gli Aesir o i Vanir. O
comprendere l’esistenza di mondi senza significato valoriale come
Miogaror (terra di mezzo) Asgard (terra divina) o Helheim dimora di hel
che è diverso dal mondo dei morti di stampo ellenico o cristiano. Ma è
semplicemente il mondo di sotto, senza che questo termine oscuro,
rivendichi una sorta di concetto etico o morale. E in questo ha molto in
comune con la supposta cosmologia celtica pura che non aveva una così
netta definizione bene o male, seppur capace, per la sua estrema
flessibilità ontologia, capace di accoglierla e inglobarla.
Per la mitologia norrena è diverso. Essa
nasce dal mondo del sogno, dal fiume chiamato Bifrost, colui che
trasporta le idee da un mondo all’altro. E’ creativa e pertanto fonte di
forza caotica, quella tanto temuta persino dall’islam (il termine
jahiliyya indicava il caotico mondo pagano che contemplava la libertà
individuale e di pensiero, nonché il potere incontrollato
dell’immaginazione considerato una minaccia per l’ordine).
Per la mitologia norrena, invece, la
creatività illimitata, e dunque il caos, è un valore. Da preservare e da
incoraggiare. Le divinità sono sfaccettate, imperfette e profondamente
simili al prototipo umano senza toccare gli eccessi delle divinità
greche. sono forze primigenie, sono archetipi che troviamo sia dentro di
noi ce fuori di noi.
La Cafaro è entrata in questo mondo,
rielaborandolo in chiave moderna, inserendo le ansie di questo mondo in
cui il caos è diverso da quello amato dagli antichi: è confusione priva
del suo lato creativo, non produce, non cambia, non propone alternative.
Esiste e non si muove, statico e disgregatorio.
Ecco che in quest’ottica il testo può
assumere una valenza importante, ricordandoci come i talenti vanno
sepsi, le potenzialità sviluppate e le scelte vanno accettate. Perché
chi si immerge nel proprio destino porta avanti la creazione anche se
questo costa fatica. Pagare la perdita del conosciuto per entrare nel
mondo dell’ignoto è terrificante. Ma dietro quella porta segreta,
spesso, non si cela il deserto ma un destino rigoglioso.
Alla ricerca di se stessi.
La cosa che è veramente difficile, e anche davvero incredibile, è rinunciare ad essere perfetti ed iniziare il lavoro di diventare se stessi.
(Anna Quindlen)
“Era una serata tranquilla da Mo’s, il ristorante era semideserto, dalle finestre era possibile ammirare le rive del Siuslaw e il suo turno stava terminando; mancava solo che Sonny arrivasse per darle il cambio e sarebbe stata libera di andarsene. Nell’attesa si mise a sistemare le fette di torta nell’espositore…”
Ambientato nell’epoca contemporanea, “La
chiave di Midgaard” appartiene di diritto al genere “urban fantasy” che,
pur avendo visto la luce negli anni ’20 ha preso piede soprattutto
negli anni duemila. L’opera della Cafaro rappresenta il genere in tutta
la sua perfezione riuscendo a non essere. L’ambientazione è abbastanza
innovativa poiché la protagonista vive nella nostra epoca anche se
circondata dagli elementi magici tipici della mitologia scandinava. La
protagonista, Sasha è una giovane donna, che conduce una vita
all’apparenza normale, ma che, rispettando il percorso tipico dell’eroe,
verrà presto sconvolta da alcune rivelazioni circa la sua vera
identità.
E sarà così che prenderà in mano la
situazione con un coraggio più grande di quello che ci si aspetta da
un’adolescente, sostenuta dai “guardiani”. Il lettore entrerà presto in
empatia con la protagonista perché ne seguirà l’evolversi e il maturare.
Sasha possiede, infatti, dei poteri speciali che all’inizio non sa
usare e che imparerà a gestire man mano che la sua personalità si
sviluppa nel romanzo.
“Il buio la circondò, ma durò solo un attimo, poi l’abitacolo della Mini venne illuminato da lampi di luce provenienti dalla casa. Aprì la portiera di scatto e corse verso l’ingresso; il terreno fangoso la rallentava, ma cercò di fare in fretta e quando arrivò ai gradini del portico li superò con un salto. Afferrò la maniglia senza riuscire ad abbassarla, quindi colpì la porta chiamando a gran voce. Girò l’angolo per andare verso la porta sul retro, ma quando passò davanti alla finestra del soggiorno rimase pietrificata: le tende erano strappate e, in piedi davanti al divano, con un’espressione terribile in volto, il suo patrigno stava lanciando incantesimi contro il suo ragazzo.”
Nell’estratto appena riportato compare il
primo magnifico colpo di scena del romanzo ed è da qui che tutto
comincia. Il lettore continuerà a seguire la vicenda col fiato sospeso
cercando delle spiegazioni che non verranno completamente esaurite in
questo che, se ho ben capito, è il primo volume di una serie. Lo stile
dell’autrice è fresco e impeccabile. Le descrizioni dell’ambiente sono
profonde, equilibrate e mai appesantiscono il testo, semmai lo
arricchiscono.
“Ho sempre amato il mare,soprattutto d’inverno. Lo guardavo dal mio rifugio tra gli scogli, seduta su un tronco rinsecchito dalla salsedine. Quando il mare era in burrasca risalivo il promontorio, raggiungendo il vecchio faro. Ero solita restare tutto il giorno davanti a una delle finestre, vagando con la mente, ascoltando il ricordo di mia madre che svelava la mia vera natura.”
Ma c’è un mondo parallelo a quello in cui Sasha vive, e che in realtà è quello da cui lei proviene: Yggrdasil. È un mondo molto più grande del nostro, abitato dai maghi e dai guardiani, oltre alle altre figure magiche. I guardiani hanno dei poteri magici, uno diverso dall’altro e che scoprono solo al momento della rivelazione. Essa giunge al compimento dei diciassette anni, ed è proprio l’età della protagonista. Un turbinio di vicende sconvolgenti avvolgeranno Sasha e tutti i suoi affetti.
Sarà in grado di superarli e scoprire la verità?
La chiave di Midgaard è un libro che fa onore al genere fantasy, in grado di appassionare non solo i lettori del genere.
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