“COME FIORI TRA LE MACERIE”, storia, luoghi, fatti e curiosità sul romanzo di Monica Maratta.
La dura vita dei nostri nonni, l’avvento del
fascismo e la sua dittatura, l’analfabetismo, la pandemia della febbre spagnola
e la tragicità della seconda guerra mondiale, sono gli argomenti toccanti del
romanzo edito da Capponi Editore nel
gennaio del 2017.
Il romanzo traccia gli eventi principali della vita
della nonna paterna dell’autrice. Il luogo di ambientazione è assai suggestivo poiché
il piccolo paesino appartenente per un brutto gioco del destino alla famosa
linea Gustav fu spettatore dei disastrosi bombardamenti tra i tedeschi e gli
alleati.
Piccolo centro, situato sulla linea Gustav, durante l’ultimo conflitto mondiale, fu bersaglio di numerosi e violenti bombardamenti aerei e terrestri che causarono la morte di centosessanta cittadini, tra cui anziani, donne e bambini ed ingentissimi danni all’abitato e al patrimonio artistico. Splendido esempio di sacrificio ed amor patrio. Sant’Apollinare (Fr), 1943-1944.
Il paese venne bombardato per la prima volta agli inizi di settembre 1943 e subì numerosi cannoneggiamenti che provocarono stragi di sfollati.
Gli abitanti hanno subìto una sofferenza comune a tutti i centri del Frusinate situati sulla linea “Gustav” o nei pressi di essa, specie a partire da metà gennaio 1944, quando gli Alleati tentarono, senza fortuna, lo sfondamento delle difese tedesche.
Il paese venne liberato il 13 maggio dalla 1° Divisione di fanteria francese.
A guerra finita, il 95% delle abitazioni risultarono distrutte.
La piccola Filomena (nome fittizio della nonna dell’autrice) conosce la sofferenza già dalla tenera età, in una fase dove è importante preservare la gioia e l’incanto nei confronti della vita. Invece il destino crudele fa subito conoscere al suo piccolo cuore uno dei dolori più forti che possano capitare a un bambino: la morte della mamma a causa della febbre spagnola.
"Il medico guardò la piccola con gli occhi lucidi e il volto pallido: era
padre anche lui di una bambina pressappoco della sua stessa età. Le si
inginocchiò accanto, prendendole una fredda manina tra le sue e, con voce
tremante, disse la cosa peggiore che si potesse annunciare:
«Mi dispiace, se n’è andata…».
Filomena levò gli occhi verso la nonna che subito le si era accostata
per abbracciarla. Con voce candida, la piccola ruppe la melodia tragica dei
singhiozzi che le suonava attorno, come una musica spettrale:
«Dov’è andata la mia mamma, senza di me?».
Il padre, con gli occhi pieni di rabbia, tentò di mascherare quel
sentimento con un timbro dolce della voce:
«In cielo, tesoro, insieme agli angeli».
La febbre spagnola, conosciuta
anche come la grande influenza, si
era portata via Amelia in quel gelido mese invernale.
Correva l’anno 1922 e nessuno se lo aspettava: la prima guerra mondiale
era finita da qualche tempo e la gente, stanca della fame, dei lutti e delle
carestie, aveva creduto di poter pregustare le gioie della pace.
Invece, incurante dei loro poveri sogni, il virus mortale aveva già
fatto comparsa qualche anno prima. La chiamavano febbre spagnola perché la
stampa iberica fu la prima a parlarne, dopo la morte per causa sua del sovrano
re Alfonso XIII.
Non esisteva una cura, né un vaccino, per quella che si rivelò la
pandemia più catastrofica della storia dell’umanità.
Filomena tutte queste cose le ignorava, sapeva soltanto che le aveva
strappato la mamma in pochi giorni.
Una sera, ad Amelia era salita la temperatura corporea
e aveva iniziato a vomitare, ma quando cominciò a esserci sangue dalla bocca e
dal naso, la bambina fu allontanata immediatamente e portata al riparo a casa
dei nonni."
La febbre
o influenza “Spagnola”, altrimenti conosciuta come la “Grande Influenza”, è il nome di una epidemia influenzale diffusasi fra
il 1918 e il 1920 e che è considerata la più grave forma di
pandemia della storia dell'umanità.
Una pandemia
(dal greco pan-demos, "tutto il popolo") è una epidemia
diffusa in intere nazioni e continenti la cui espansione interessa più aree
geografiche del mondo, con una trasmissione e diffusione rapida tra uomo a uomo
ed una mortalità elevata.
L’influenza Spagnola fu una pandemia influenzale
eccezionale sia per ampiezza che per virulenza, dilagatasi in tempo brevissimo
in quasi ogni parte del mondo, dall’Artico alle remote isole del Pacifico.
Nessun vaccino e nessuna cura efficace si trovò, e così come apparve, scomparve.
Solo in Italia uccise 700.000 persone, ma è più probabile 1.000.000 (molti più
della guerra stessa).
La
devastante epidemia infuriò da marzo 1918 al giugno 1920, contagiò circa 500
milioni di persone (il 30% della
popolazione mondiale che allora era 1 miliardo e 600 milioni) e ne
uccise tra i 50 e 100 milioni. Quando nel 1919, dopo una breve
attenuazione e un ultimo colpo di coda l'epidemia cessò definitivamente, si
contarono in tutto il mondo molti più morti di quanti ne avesse fatto la
guerra.
I classici sintomi
erano febbre e vomito, ma ben presto, poi, il corpo reagiva riempiendo i
polmoni di sangue seguiti da sanguinamenti dalla bocca, dalle orecchie o dal
naso, pelle che virava al blu, e morte inderogabile e repentina che
sopraggiungeva nel giro di un paio di giorni. Proprio in quell'evento gli
scienziati si sentirono impotenti dinnanzi ad un flagello del genere.
La prima vittima
di questa pandemia fu un cuoco del campo militare di Funston, nel Kansas di
nome Albert Gitchell il quale morì in data 12 marzo 1918,
dopo soli 4 giorni di malattia e di isolamento. Non vi erano cure per
l'influenza, e per quanto riguardava le misure di prevenzione le si poteva
definire quantomeno risibili.
La
"spagnola" è sicuramente la più nota e catastrofica tra le epidemie
influenzali che si sono susseguite nel corso dei secoli e si diffuse in due
ondate successive. La prima,
primaverile, all’inizio di marzo 1918 con caratteristiche abbastanza
attenuate e relativamente benigna, ma molto contagiosa che si è infuriata sui
più robusti. Ma quella più letale e sconvolgente fu la seconda ondata (quella
autunnale), a partire da agosto. Era certamente la stessa influenza perché
chi superò la prima ne risultò immune, ma il ceppo era mutato in forma più
micidiale con un tasso di letalità decuplicato.
A quel tempo, gli
antibiotici non c’erano (non erano ancora stati scoperti), perciò si poté fare
davvero ben poco per curare i sintomi dell’influenza spagnola. Il modo in
cui poi la malattia non venne capita, e il fatto che al virus si sommarono
infezioni contratte a causa delle basse difese immunitarie del fisico ammalato,
fecero sì che l’influenza colpisse oltre 1 miliardo di persone
uccidendone tra i 50 e 100 milioni.
La morte della
madre e l’allontanamento del padre, costretto a emigrare all’estero in cerca di
un lavoro, non saranno gli unici eventi tristi nella vita di Filomena. Illusa
da colui che credeva il vero amore, sarà una madre sola che dovrà crescere un
figlio durante la seconda guerra mondiale. Sant’Apollinare sarà rasa al suolo e
porterà per sempre la cicatrice di una ferita immensa, ovvero veder morire i
propri figli a causa di una politica insensata.
Tuttavia “Come
fiori tra le macerie” è un romanzo che contiene un messaggio di rinascita,
speranza e ottimismo nei confronti del futuro. Una storia così commovente non
poteva non avere un finale degno di tale sentimento.
«Bambini venite qui, stringiamoci forte» singhiozzò l’uomo.
«Papà che succede? Perché piangi?» gli chiese la bimba.
«Piango perché, nonostante le brutture della guerra, la vita sarà sempre
più forte della morte e ora Dio mi dona questa famiglia che amerò più di
qualsiasi altra cosa al mondo».
Peppino, dall’alto del Collicello,
guardava i contadini che pian piano riprendevano ad arare i campi e, più in là,
i ruderi che timidamente riprendevano le sembianze di una casa, sentendo il suo
petto gonfiarsi di felicità e speranza.
La loro città natia stava riprendendo forma e vitalità. Una nuova vita
stava crescendo nel ventre della sua amata, come il seme di un fiore dal nome
più bello: Filomena.
Consegna della targa onorativa da parte del Sindaco di Sant'Apollinare all'autrice.
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