“La leggenda di Ninfa” di Monica Maratta e Dario Pozzi, La strada per Babilonia edizioni. A cura di Alessandra Micheli dal blog "Les fleurs du mal".



Un incantato giardino dai sfavillanti colori simili a variegate ali di farfalla, si stende alla vista del turista, ammainandolo e rapendolo.
E’ una visione che appare quasi uscita da un libro di favole, quelle che da bambini sognavamo e che rendevano i nostri occhi sgranati avvezzi alla meraviglia e all’incanto.
Ninfa è oggi, per il turista in cerca di bellezza, una porta su un mondo altro, sul regno del numinoso capace di abbracciare e di soffocare la noia del vivere urbano.
Eppure, pochi conoscono a fondo la sua leggenda, quella che permea l’aria di sussurri che dal passato arrivano a noi.
E’ questa la meraviglia della storia.
Non solo accadimenti e eventi, ma incastri perfetti che uniscono in un filo di eternità le vite e i destini di uomini comuni e di grandi geni.
Sullo sfondo di Ninfa, nel libro di Monica Maratta e di Dario Pozzi si affacciano personaggi del calibro di Lucrezia Borgia, di lord Byron e remoto, evanescente ma sempre presente, Cesare Borgia.
Presente nel cuore straziato di sua sorella che nelle lettere ammantate di un dolore cocente, lo rende partecipe di una lontana leggenda che, seppur tragica, ha la drammaticità tipica di un amore passionale, intenso e totalizzante.
Ed è quello il vero protagonista, che sfiora lieve i volti dei personaggi che si affacciano sulla bellezza, a volte ombrosa, di un territorio che sembra la sede ideale di magie e sfrenate passioni, di paradisi lucenti e di abissi profondi.
La leggenda di Ninfa, triste fanciulla che per non rinunciare la suo amore decide di seguirlo nelle deserte lande dell’ade senza voltarsi mai conscia del rischio di perderlo, affascina la bellissima sorella del prode Borgia.
Una pedina su una scacchiera politica giocata abilmente dai parenti, ma che seppur decisa a immolarsi per l’onore non solo della casata ma dello stesso sogno italiano, baratta per una lontana e forse irraggiungibile fama che brillerà solo nel futuro nostro, la sua vivacità e le sue emozioni.
E’ una Lucrezia spenta quella che racconta le vicende di Ninfa, una Lucrezia senza sogni, né slanci.
Una Lucrezia quasi annebbiata, quasi depressa perché conscia del suo ruolo sociale e politico che la costringe quasi a rinunciare a un amore fatto di impervie discese e salite vertiginose, di sensazioni paradisiache ma anche di dolori cocenti.
L’amore sognato, quello eterno è fatto di spine e di effluvi di rose, impossibile da provare per chi, causa la ragion di stato, deve usare il suo fascino, il prestigio e il corpo stesso per dominare lo scenario politico e uscire vincitore dai suoi innumerevoli intrighi.
Lucrezia conosce il proprio posto, ma, a differenza di Ninfa non vuole o non riesce a ribellarsi.
Anche lei ama il suo nobile nome, e tutto ciò che esso comporta.
E cosi cerca di rivivere quelle emozioni negate, riversando i suoi afflati di eterno in quella storia che, attraverso i suoi soffusi gemiti, diviene reale e corporea.
Ecco che viene tessuto un arazzo che ingabbia le anime assetata quelle stanche, stufe, sazie ed ebbre della loro sociale maschera, quelle indossata e vantata in seno a una società che li pretende ligi al proprio status al proprio personaggio, al proprio ruolo.
E cosi a essere rapito e avvinto da questo rosso filo dell’incanto e della disperazione soave dell’innamorato, non è altro che lord Byron.
Un uomo complicato in cerca dell’acme di ogni emozione eppure privato, causa il suo vanesio egoismo (ne farà spese il povero Polidori) non potrà mai provare le stesse intense emozioni di Ninfa e Martino.
Avvinto da un oscurità mutevole che però ha sedotto milioni di generazioni con quelle poesie cavernose eppure capaci di ammaliare, avvertirà il bisogno di quella purezza che solo l’eternità di un amore può donare.
E cosi incanto e Disperazione avvolgono le pagine di questo libro, che è quasi un sussurro tra i boschi, un vento di purezza, per quei sentimenti che il male e l’orrore non possono assolutamente spegnere.
E cosi il lettore resta ingabbiato in una magia che, neanche l’ultima pagina o la parola fine potrà far cessare.
E che cercherete di rivivere, io lo so, beandovi dell’assolata e misteriosa beltà di Ninfa, sperando di vedere la candida fanciulla vagare nei boschi in cerca del suo perduto e mai mutato amore.


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