RECENSIONE AL ROMANZO "LA VEDOVA FORESTIERA" DI ALESSANDRA DELOGU. EDIZIONI ARPEGGIO LIBERO.
La vedova forestiera di Alessandra Delogu analizza il
periodo più delicato del secolo scorso attraverso la storia di una donna,
Aurora Lorenzini e della sua famiglia. Leggendo l’opera si rivive la tragedia
del conflitto mondiale, la miseria del dopoguerra, lo sforzo sovrumano di
ricostruzione sino al boom economico per arrivare, infine, ai giorni nostri.
Tutto ha inizio a Pisa nel 1937 sul Ponte di Mezzo,
dove Aurora incontra Mario, il grande amore della sua vita, per terminare nel
2000 a Messina.
Si
erano conosciuti nell’autunno del 1937 sul Ponte di Mezzo – tre arcate
poggianti su massicci pilastri cuneiformi che attraversavano l’Arno nel centro
di Pisa, principale asse di collegamento tra la parte nord e quella sud della
città. Quel pomeriggio di novembre, ventoso e grigio, c’erano parecchie persone
appoggiate alle spallette a osservare incuriosite lo spettacolo del corso d’acqua
ingrossato dalle piogge incessanti dei giorni precedenti. Aurora e la cugina
Cloti, allora entrambe adolescenti, annusavano come due segugi l’aria
impregnata dall’odore di fango […].
-Speriamo
che il vento non giri a libeccio- rifletteva preoccupato un giovane allievo
ufficiale di Marina rivolto ad altri due colleghi, i quali, affacciati accanto
a Cloti e Aurora, osservavano l’ondata di piena. -Se si alza il mare e le onde
alla foce si contrappongono al defluire del fiume, con questa portata c’è il
serio rischio di esondazione.
-Dio
bono, ‘he popò di ‘atastrofe!- aveva commentato ironicamente Cloti a voce alta,
col supporto di inequivocaboli gesti scaramantici.
La
cugina di rimando le aveva rifilato un’energica gomitata, invitandola a essere
più discreta. Sebbene la timidezza non facesse di certo parte del suo
carattere, in confronto a Cloti Aurora appariva poco più audace di un’educanda.
Il brusco gesto non era sfuggito a uno dei tre giovani, il quale le aveva
rivolto uno sguardo divertito, lasciando intendere di aver seguito tutta la
scena.
Nel romanzo sono messe bene
in evidenza le diverse mentalità e le usanze della Toscana e della Sicilia,
senza mai sminuire l’una a dispetto dell’altra, anzi, valorizzandone le
caratteristiche esclusive. Nonostante la presenza di numerosi personaggi
maschili, sono le donne a emergere con la loro forza e la voglia di non
arrendersi davanti agli eventi tragici della vita. Aurora è una donna
intelligente, acculturata e con la sua ironia incarna lo spirito tipico dei
toscani senza mai cadere in stereotipi. Nel romanzo ci sono tutti gli
ingredienti per entrare in empatia con i personaggi e immergersi nella storia.
Furnari,
11 ottobre 1947
Cloti
mia cara,
il
miracolo tanto atteso si è compiuto: Bianca ha iniziato a chiamare Nino “babbo”!
Anzi, per essere precisi, al momento l’appellativo è “babbo Nino”, ma io la sto
spingendo a unire le due parole e chiamarlo “babbino” […].
Ma
in tutta questa faccenda c’è un aspetto davvero buffo, che so già ti farà sbellicare
dalle risate: il termine “babbo” qui in Sicilia non solo non si usa (tutti dicono
“papà”) ma ha lo stesso significato del nostro “bischero”, vale a dire stupido,
cretino. Sicché un giorno mi si avvicina tutta intimorita Agata, la giovane
cameriera, e mi sussurra in un orecchio (lo trascrivo nel dialetto
italianizzato che la ragazza usa con me per farsi capire): “Signora, ci pozzo
dire una cosa strana che sta succedendo? Aio sentito a so figghia che ci dice
cretino a so marito” […]
Alessandra Delogu,
Santangelo (Messina, 1968) è laureata in Lettere e in Conservazione dei Beni
Culturali. Vive a San Giuliano Terme (PI) e lavora a Pisa come impiegata
amministrativa precaria.
Nel 2008 ha pubblicato il
suo primo romanzo, “Ansia da prestazione. Il lavoro somministrato senza ricetta
medica” (Aletti), un feroce j’accuse sulla condizione lavorativa contemporanea,
premiato alla XXVI Edizione del Premio Letterario Città di Cava de’ Tirreni
(2009).
Commenti
Posta un commento