I GIARDINI DI NINFA
Non sai, che fra le nebbie della sera,
qui scende al canto mio la fata nera?
Vive ella a Ninfa nel fondo roccioso del verde lago
in fra l'erba malsana, tessendo lo suo manto velenoso
e con le sue grida assorda questa piana.
Erra la notte senza mai riposo e a bruzzolo nell'acqua si rintana
e se col nero ammanto t'accarezza, la bella gioventù muta in vecchiezza.
Strugge i verdi anni, ma non da la morte!
Augusto Sindici.
La storia della cittadina di Ninfa si
perde nella notte dei tempi e inizia con una leggenda tramandata dagli abitanti
dell’antica Norba dei Volsci. Essa narra che ai piedi del monte Mirteto
vivessero delle creature divine chiamate Nymphe,
le quali decidevano della sorte di coloro che si ritrovavano a passare per
quel luogo. Erano giovani e belle e si dedicavano alla musica oltre che alla
danza ma potevano agire anche in maniera molto crudele, al punto che la gente
del luogo le temeva e si apprestava a erigere dei templi in loro onore per
imbonirle.
A confermare la leggenda furono i resti
di queste costruzioni, trovati durante dei scavi agli inizi del XX secolo.
Intorno al 750 d.C. l’imperatore
bizantino Costantino V Copronimo, concesse a papa Zaccaria le due Massae di Norma e Ninfa che in passato
fecero parte del demanio imperiale. Il suo territorio si estendeva dalle
pendici dei Monti Lepini fino al mare e confinava con i territori di Norma,
Cori e Sermoneta. Era stato il pontefice a richiedere, in modo specifico,
queste terre ubicate a non troppa distanza da Roma, in vista di una
riorganizzazione economica e territoriale per consolidare il patrimonio della
chiesa e incrementare l’economia di tali possedimenti, tramite la creazione di domuscultae e assicurare i rifornimenti
alimentari del papato e delle istituzioni religiose, caritative di Roma.
Dopo che Ninfa fu sottratta ai conti di
Tuscolo per mano di papa Gregorio VII, fu conferita in feudo e data ai
Frangipane da papa Eugenio III. La nobile famiglia regnò sulla cittadina fino
alla fine del XII secolo. Nel 1230 passò a una famiglia di antica stirpe
germanica: gli Annibaldi.
Nel 1297 Benedetto Caetani, divenuto
papa con il nome di Bonifacio VIII, fece acquistare a suo nipote Pietro
Caetani, il feudo di Ninfa, Sermoneta e altri per una somma di duecentomila
fiorini d’oro. Da questo momento, tra alti e bassi, sarà la famiglia Caetani a
determinare la storia seguente del territorio.
Oggi Ninfa è una bellissima meta
turistica, conosciuta più per i suoi giardini che per la storia della cittadina
medioevale.
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INCANTO E DISPERAZIONE, LA LEGGENDA DI NINFA, il romanzo di Monica Maratta, ambientato nella Ninfa del 1300.
"L’ora dell’incontro si avvicinava e da
lontano intravide il castello di Ninfa. Accanto al lago, maestosa s’innalzava
la rocca quadrata, protetta da torri a ogni angolo, con le mura merlate in
pietra calcarea, il cui aspetto era reso ancor più severo dall’alto maschio
raggiungibile per mezzo di uno stretto ponte levatoio che sormontava il
cortile.
Volgendo lo sguardo alla destra del castello,
poco più lontano, Martino scorse il Palazzo Comunale la cui facciata si
presentava sulla piazzetta del villaggio, mentre, le case a due piani, di tufo
o calcare, sorgevano sparse senza un ordine prestabilito. Stretti tra una casa
e l’altra, orti e giardini rallegrarono il suo animo, in quanto le condizioni
favorevoli della stagione avrebbero garantito buone scorte di ortaggi per
tutti. Osservandoli, Martino si distrasse dal fitto chiacchiericcio delle ore
diurne sulle polverose stradine, selciate solo dinanzi ai più importanti
edifici.
Una decina di torri svettavano imponenti
a ricordare la presenza di famiglie importanti e avevano un aspetto assai in
contrasto, nella loro severa magnificenza, con quello languido e dolce del
fiume, il quale sovente accoglieva i morbidi piedini dei molti bambini che,
seduti sul bordo, li agitavano nella fresca acqua con fare giocoso.
Cavalcando lungo il bordo del fiume, lo
sguardo di Martino cadde anche sulle pale dei numerosi mulini che giravano
lente e lavoravano senza sosta per macinare il grano degli abitanti delle
casupole circostanti.
Accostandosi al castello, Martino levò
in alto lo sguardo in direzione del camminamento di ronda e fece un cenno col
capo alla guardia che già si era allertata. Superata la volta, oltrepassò la
posterula, la cui saracinesca era interamente sollevata a puntualizzare il
periodo di pace in cui il feudo si trovava. Raggiunse infine il posto di
guardia e, presentatosi, trovò libera la via.
Entrato nella grande sala del palazzetto,
scorse il duca in compagnia di Moro, signore di un altro feudo confinante, e
vedendolo il suo animo si rabbuiò.
Ci
mancava anche quest’altro villano. Sono proprio curioso di sapere il motivo
della mia chiamata alla presenza di codesto personaggio.
Esuberante
nell’aspetto quanto nel carattere, Moro era famoso per la vanità
nell’abbigliarsi, andando contro la severa morale cattolica. Quel giorno
indossava una tunica assai sfarzosa, foderata di pelle e sopra l’elegante
mantello rivestito di vaio.
I capelli lunghi, folti e bruni, il naso
pronunciato, le mascelle prominenti e gli occhi grandi di un nero sinistro erano
in grado d’incutere timore a tutti tranne che a lui. Senza essersi ancora
rivolti parola già si sfidarono a colpi di sguardo. Il duca se ne accorse e
un’espressione compiaciuta gli si dipinse sul viso.
“Dunque signori, vi ho convocati per un affare
importante. Sapete bene quanto il mio regno sia minacciato da una nemica molto
più potente di qualsiasi esercito mai battuto. Ha il nome di palude e non vi è
di certo sconosciuta. Ahimè, vorrei riuscire dove neanche i latini sono
arrivati con il loro sistema di drenaggio fatto di cunicoli sotterranei dotati
di pozzi.”
Il duca sospirò stanco, avvicinandosi di
nuovo alla finestra e dato che Martino conosceva bene la passione del vecchio
nobile per la Storia antica, non si stupì quando l’uomo narrò loro una
leggenda.
“Cara, stiamo pagando la punizione
inflitta alla ninfa Feronia dalla dea Giunone, per esser stata l’amante del suo
Giove! La palude è stata il malvagio regalo che ella le ha lasciato.”
Il nobile Pietro tornò poi a girarsi
verso di loro.
“Dobbiamo scavare fosse, chiudere bocche
aperte nel canale principale della Cavata. Solo insieme possiamo sconfiggere la
palude, amici cari, e ho intenzione di affidarvi quest’onorevole compito, io
sono ormai troppo vecchio e stanco per occuparmene.”
Martino fu il primo a intervenire già
stanco e insofferente di tutte quelle chiacchiere.
“Duca Pietro, mi lascia assai perplesso
il fatto che vi siate rivolto anche a me. Perché dovrei aiutarvi quando in
passato vi siete appropriato del diritto di pedaggio che spettava, per metà, al
mio regno? Inoltre cosa ne ricaverò da questo aiuto?”
“Caro giovane amico, al vincitore darò
la mano della mia bellissima e virtuosa figlia Ninfa, l’unica che possiedo e
che lo farà imparentare con il feudo più potente del territorio. Ne va da sé
che costui ne ricaverà prestigio e ricchezza!”
Sorpreso, Martino vide gli occhi di Moro
brillare dalla gioia e lo ascoltò attento mentre si accingeva a sostenere la
sua opinione.
“Per ciò che mi riguarda, sono molto
onorato della vostra proposta e sono intenzionato ad accettarla. Consideratela
cosa fatta, la palude sparirà per mano mia!”
Martino s’indispettì udendo le parole di
quel bellimbusto corpulento e imbellettato, di una presunzione maggiore a
quella del duca, e pensò che sarebbero stati degni parenti ma il suo famoso
orgoglio, per impulso, lo spinse a intervenire.
“Va bene, sono disposto anch’io ad
accettare, ma sia ben chiaro che non sono allettato tanto dall’idea di sposarmi
quanto d’accrescere il prestigio del mio feudo.”
Pietro si annuvolò in volto, forse
offeso nel veder sminuita la figlia con tale arroganza.
“Aspettate di conoscere Ninfa e
cambierete idea. Vedrete!”
Di nuovo lo sguardo di
Moro s’illuminò e ciò non sfuggì, per la seconda volta, al giovane Martino."
Recensioni al romanzo:
Di
Piera
il 7 giugno 2017
Acquisto verificato
Un altro bellisssimo lavoro di Monica Maratta: questa volta
l'ambientazione è medievale ed italiana: E' un periodo pieno di inganni,
sopraffazioni e scarsa considerazione per gli affetti familiari. Ninfa e
Martino si amano ma ci sono le alleanze politiche di cui tenere conto. E
allora....Consiglio la lettura di questo racconto perchè oltre che ben
scritto, coinvolge nello svolgersi della trama, e permette di conoscere
una leggenda della nostra Italia. Una particolare nota di approvazione
per la cover!
Di
Lupo Impetuoso
il 12 maggio 2017
Della stessa autrice avevo già letto cuore indiano. Come per il
precedente romanzo,ho notato l'attenzione e la cura quasi maniacale che
l'autrice mette nel descrivere usi e costumi dell'epoca in cui ambienta i
suoi libri. In questo caso ci troviamo nel Lazio nel 1200. Ho
apprezzato molto il linguaggio volutamente ricercato, che da al libro
quel tocco in più. E ho anche conosciuto una leggenda, quella della
povera Ninfa che ignoravo totalmente, pur essendo romana. E questa è la
seconda capacità che ammiro molto nell'autrice: il saper raccontare "la
piccola storia", quella fatta dalla piccola gente, spesso ignorata ma
che con il suo contributo ha realizzato gli eventi più "grandi". La
prossima tappa sarà senz'altro "come fiori tra le macerie". Brava Monica
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